mercoledì 17 novembre 2010

L'INCONTRO FRA SEBASTIANO MATERAZZO E SILVIO MANZIANO

Toccante l'incontro fra il volontario
Sebastiano Materazzo e Silvio Manziano...
E QUELLO DI  REPUBBLICA

Alla cortese attenzione: del Sindaco Gerardo Venutolo e del dott. Andrea Salandra

Ritorno a Santomenna dopo trenta anni dal sisma del 1980.

Come allora, anche questa volta, i santomennesi mi hanno accolto come se fossi un loro fratello, ed io, per loro, provo la stessa stima.
Incontrare di nuovo alcuni dei “protagonisti”, ha rievocato in me quei drammatici giorni, soprattutto quando il Sindaco (inaspettatamente), nella chiesa antistante il cimitero, alla messa delle 11:30, ha letto il mio diario di quel giorno, a Santomenna.
Con gran piacere, ho ritrovato l’ex Sindaco che ci “aiutò” tra le macerie e che, questa volta, mi ha accompagnato a vedere il cimitero.
L’incontro con Silvio, (che avete saputo organizzare magnificamente e con semplicità), è stato un emozionante momento per me.
Per anni spesso l’ho pensato, chiedendomi di quel bimbo.
Averlo incontrato è stata una gioia infinita; il nostro lavoro di giovani militari di leva non è stato vano.
Ho subito cercato di collegare il suo volto a quello che mi restava del suo ricordo, scoprendo delle connessioni che hanno risvegliato altri ricordi quasi sopiti.

Voi avete ricostruito Santomenna,“metabolizzando” il cambiamento fisico e sociale del territorio giorno per giorno. Per me, invece, è stata una meravigliosa e commovente scoperta.

Sono particolarmente gratificato di aver stretto amicizia con il Sindaco Gerardo Venutolo e i signori Andrea Salandra, Anna De Luca, Mario Venutolo e Gerardo D’Elia.

Spero di ritornare a trovare i santomennesi al più presto, ma con più tempo a disposizione.

Un saluto a tutti i santomennesi affettuosamente da Sebastiano Materazzo

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Il programma della manifestazione

Santomenna, la storia del ragazzino intrappolato sotto le macerie

Sebastiano Materazzo ha 19 anni e sta prestando servizio militare, come molti giovani della sua età. Il 23 novembre 1980 è in libera uscita: quel giorno la sua vita, e quella di altre migliaia di persone, cambierà per sempre.
Materazzo si trova ad Eboli, al banco di una pizzeria aspettando di mangiare: all'improvviso la terrificante scossa. Ecco il suo ricordo di quei secondi terribili: "Riuscii a guadagnare l'uscio che guardava nel vicolo, quando, nel correre, non so come mi trovai a terra, mi rialzai e riuscii a raggiungere una piazzetta, tra una pioggia di tegole, mattoni e calcinacci".
Dopo aver provato invano a contattare i propri genitori dalla caserma di Persano, Sebastiano viene convocato dal Colonnello, e circa alle 4 di notte raggiunge Santomenna, insieme ad altri 24 o 25 commilitoni, per prestare soccorso.
"All'inizio non fummo accettati particolarmente bene - racconta Materazzo - Eravamo molto disorganizzati. Non avevamo guanti o torce, solo il casco di metallo; l'elmetto era il nostro unico riparo e ci siamo trovati impreparati davanti a quello scenario devastante. E' stato molto difficile: quello di cui ci accorgemmo fu che non potevamo fare molto; c'erano lavori straordinari ai quali noi non eravamo proprio preparati, né psicologicamente, né come attrezzature, né come tecnica".
Un lavoro incessante, quello dei soccorritori, che dovettero affrontare l'emergenza senza avere i mezzi necessari. "Non è andato tutto bene, purtroppo, nel senso che avremmo potuto fare di più avendo i mezzi, e questo siamo stati stesso noi a denunciarlo. C'erano dei sopravvissuti che ci invitavano a scavare per cercare i propri familiari sotto le macerie: erano rimasti intrappolati nelle abitazioni con pezzi di muro ancora interi".
Un episodio in particolare segna ancora oggi i ricordi di Sebastiano, quello di un ragazzino rimasto intrappolato sotto le macerie, di cui poi si è persa ogni traccia. "La cosa all'epoca mi scosse parecchio - racconta Sebastiano - ma non finì li, noi siamo stati sul territorio presenti per altri mesi; c'è stata molta confusione ma a me farebbe piacere sapere se questo ragazzo è vivo e come ha vissuto.
Io vorrei sapere di questo ragazzo, sapere anche dei ragazzi che hanno partecipato a quest'impresa. Ho scoperto che c'è un articolo di un giornale dell'epoca che parla anche della nostra vicenda, perché Santomenna rimase isolato due o tre giorni. La prima informazione che ci arrivò subito è che era crollato un ponticello dietro di noi, ma non so quanto possa essere attendibile".
Dopo quattro giorni di ricerche e di aiuti, i militari rientrarono in caserma, per il riposo, prima di essere nuovamente indirizzati. "Dopo quattro giorni sono rientrato in caserma e dopo altri due giorni di riposo siamo partiti di nuovo: io sono andato a Laviano, successivamente ci hanno portati di nuovo a Santomenna e ci siamo un po' alternarti sul territorio. Fu molto triste, in alcuni momenti di sconforto piangemmo".
Ma poi il ricordo torna a quel ragazzino: "Purtroppo non ricordo il suo nome, so solo il perché si trovasse nel vicolo a quell'ora: lui ci spiegò che il papà lo aveva mandato a comprare le sigarette; mentre era nel vicolo gli è crollato tutto addosso. Ricordo anche che quando questo ragazzo lo abbiamo estratto aveva alle gambe un forte irrigidimento per la posizione che aveva tenuto, erano un po' disarticolate: quindi un danno al bacino o alla coscia sicuramente lo avrà avuto, questo potrebbe essere un elemento di riconoscimento".
Dove si trova oggi questo ragazzino, se riuscì a sopravvivere alle ferite? E' mai più tornato a Santomenna? "Spesso molti feriti estratti vivi morivano appena arrivati in ospedale - puntualizza Sebastiano - perché non avevano un farmaco di supporto alla circolazione, quindi potrebbe anche essere morto. Nell'articolo che trovai su Santomenna, il giornalista parla di due casi di ragazzi della famiglia Calabrese, che rimase con 5 elementi, ovvero madre, padre e tre figli, mentre prima erano in 9. Il ragazzo che cerco potrebbe essere uno di quei 4".
Sono trascorsi 30 anni, ma il ricordo del sisma nei sopravvissuti e nella comunità di Santomenna è vivo, oggi come allora, e si manifesta attraverso un blog, http://www.smennaterr80.blogspot.com/, dove Andrea Salandra, cittadino di Santomenna, ha deciso di portare avanti il ricordo del suo paese, del suo territorio, e le testimonianze di chi quel 23 novembre 1980 c'era.
Andrea Salandra non vive più a Santomenna, ma continua a sentire un senso di profondissimo attaccamento alla sua terra d'origine. Il suo blog è non solo un punto di riferimento per tutti coloro che, come lui, hanno informazioni, foto, ritagli di giornale o testimonianze da condividere, ma anche "una bella occasione per sentirsi uniti in questo particolare momento, soprattutto per i giovani.
Io non me la prendo con la natura, anzi. Prima di tutto ci vuole prevenzione, sebbene nel caso del terremoto sia difficile. Bisognerebbe fare prevenzione, ad esempio, nelle scuole, insegnando che la natura va rispettata: con noi è stata particolarmente matrigna, poiché era una piccola zona del paese e sono morti quasi tutti.
La nostra Santomenna era zona sismica - prosegue Andrea - La parte del paese alla base ha avuto un comportamento diverso rispetto alla parte alta, dov'erano le rocce. La conseguenza è che metà del paese è stata distrutta e metà no: questo dimostra l’importanza della prevenzione e l'uomo in questo senso deve essere attento. Io lo dico anche stando al Nord, a Verona, che oggi sta affrontando il problema dell'alluvione. Qui pensavano di essere intoccabili e invece sono stati tristemente colpiti: questo significa che l'uomo sbaglia sia al Nord che al Sud, perché con la natura non si scherza".
A 30 anni di distanza, l’utilizzo di internet e delle nuove tecnologie consente di arrivare a tutti, soprattutto ai giovani. “Adesso anche i giovani hanno risposto e si sono sentiti coinvolti; in un mese e mezzo abbiamo avuto sul blog circa 6mila contatti, provenienti in modo particolare dall'estero, è anche giusto che i ragazzi si rendano conto del dramma che trent'anni fa abbiamo vissuto, sperando non si ripeta".
Riflessioni importanti, figlie di un ricordo che accompagnerà per sempre la popolazione campana e lucana, e che nella sua tragicità ha esaltato, nel caso di Salandra, il suo profondo legame con Santomenna, anche a distanza di trent'anni.
"E' un momento delicato e di ricordo: io sono stato lontano, ma nonostante ciò sono rimasto legato alla mia comunità. Purtroppo ho perso nel tragico terremoto i miei genitori ed i miei parenti. Il mio è anche un impegno sociale: dobbiamo anche riflettere su queste cose. Lancio un appello, infatti, ai cittadini di Santomenna: mandate aiuti agli alluvionati del Veneto, che ci sono stati vicini nei giorni tragici del terremoto che ci colpì".
Monica Merola

L'ARTICOLO DI REPUBBLICA
I REPORTAGE/4 - SANTOMENNA
Centinaia di morti e feriti in quell’ingorgo trappola. Oggi scorre la superstrada
di Eduardo Scotti
Buccino, Valva, Teora Calabritto, Laviano Castelnuovo di Conza comuni che divennero celebri nel mondo

Non c'era la Fondo Valle Sele. L'arteria scorre su arditi piloni in cemento armato e collega la Salerno-Reggio Calabria, dallo svincolo di Contursi ad Avellino. Meno di trenta chilometri che snocciolano i nomi dei paesi ingoiati dalla terra il 23 novembre 1980. Le cronache del terremoto di ottanta secondi e tremila vittime resero celebri nel mondo Buccino, Valva, Teora, Colliano, Oliveto Citra, Laviano, Castelnuovo di Conza, Calabritto, Lioni e la minuscola Santomenna. La superstrada, fino ad Avellino, si percorre in una manciata di minuti. Ma nelle ore che seguirono il possente sisma delle 19,34 di una atroce domenica, l'agevole tratto d'asfalto su quattro corsie che congiunge il versante salernitano dell'Alta Valle del Sele all'Irpinia, purtroppo non esisteva. Nemmeno nei progetti più futuribili. Per raggiungere l'ospedale di Battipaglia, il solo attrezzato per l'emergenza, centinaia e centinaia di auto di cilindrata da poveri e ammaccati furgoni di contadini, carichi di feriti e cadaveri, impiegarono tutta l'ora e mezza necessaria per superare dossi e curve accidentate in un ingorgo mai visto prima da queste parti. Minuti preziosi che furono fatali per tanti.

Attraversare oggi l'intera Valle del Sele a ben più di cento all'ora in una quindicina di minuti, fa uno strano effetto. Si vede che su queste terre sono calati i 50.620 miliardi della ricostruzione. Sufficienti per la superstrada, troppo abbondanti per le tante industrie solo promesse. E mai viste.
I casolari di campagna dai colori confetto, rosso mattone, giallo ocra, terra di Siena, sono tutti costruiti dagli anni Ottanta in qui. Le masserie riattate, che resistettero alla scossa, luccicano ancora di intonaco fresco su abbondanti getti di cemento di rinforzo. Gli iscritti all'Ordine provinciale dei geometri con studio nell'area del cratere, negli anni Ottanta e Novanta sono aumentati del 43 per cento. I muri neri di muschio degli antichi casali non esistono più e gli edifici dei paesi-presepe sono disposti a schiera come alloggi militari. Chi la ricorda prima del sisma questa valle non può che rimpiangerne i minuscoli e caratteristici abitati di pietra.
Al sole della piazza dinanzi alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, a Santomenna, Giacomo Di Geronimo lo conferma: "Il terremoto ha montato la testa a parecchi. Non avevano il bagno in casa e ora hanno ville o appartamenti con doppio e triplo servizio". Emigrò nel 1960 cercando fortuna tra Svizzera, Francia e Germania. Alla buona sorte ci passò vicino, in Venezuela, mettendo su una piccola fabbrica di scarpe. Ma nell'aprile del 1980, dopo vent'anni da girovago, tornò al suo paese, Santomenna, dove il papà era titolare del bar in piazza. E tornò con moglie e due figli di pochi anni. In tempo per stringerseli sotto la volta della porta di casa la sera del 23 novembre, la sera della partita più attesa in tv, Inter-Juventus, quando un boato che durò un tempo senza tempo squassò la terra. Fuori si sentirono crollare muri e squarciarsi strade. I morti? 64 su mille abitanti. "Come dire, 6400 in una città di centomila persone", ci aiuta a capire meglio Gerardo D'Elia, il vigile comunale.


Il paese si arrampica come allora sulla collina, un serpente di cemento che ha rubato alla cima circa quattrocento metri in edifici di edilizia economica e popolare, la stessa distanza che ha perso a valle dove case e palazzi furono divorati. Delle tonnellate di macerie accatastate per anni esiste traccia solo nei ricordi di chi c'era. A perpetuare la memoria del 23 novembre di Santomenna è un combattivo preside in pensione, Andrea Salandra. Vive dal 1973 - all'epoca era docente di matematica - nella Verona del sindaco leghista Flavio Tosi, e lì è consigliere circoscrizionale d'opposizione, fedele ex democristiano. Nel cimitero del paesino salernitano sono sepolti papà Pasquale e mamma Rosa, sorpresi dal sisma in casa. "Abitavano a Piedi di Terra, la zona a valle del paese completamente inghiottita", dice Salandra. Allora il professore riuscì a ottenere tanto sostegno e aiuti in denaro dalle popolazione e dalle scuole veronesi "ma trent'anni fa. Oggi non sarebbe più così". Maledizione a Bossi. Salandra ha costruito un affollatissimo sito internet (smennaterr80. blogspot. com), su cui ha raccolto video, testimonianze e documenti d'epoca del suo terremoto.
Oggi, dei mille abitanti di Santomenna ne sono rimasti più o meno cinquecento. "L'emigrazione è stata forte - dice il sindaco Gerardo Venutolo - ma è falso il dato che nel 1983 ci voleva il Comune più povero d'Italia. Con tante macerie e una economia di sussistenza, si lavorava la terra per procurarsi da mangiare. Senza possibilità di creare reddito è naturale che dalle cartelle fiscali risultavano pochi spiccioli dichiarati. Ma qui nessuno è stato mai in miseria". Il sindaco, moderatamente vicino al Pd, ora rivendica: "Con venti posti di lavoro ai nostri giovani staremmo tutti bene". Giuseppe Calabrese, uno di loro, fa l'assessore. Qualcuno rimpiange De Mita. "È sempre lui a guidare le danze da queste parti".

Ogni 11 novembre il parroco, don Peppino Zarra, chiama a raccolta i fedeli per la messa in onore del patrono, Santo Menna, soldato egiziano convertito al cristianesimo. E tutti accorrono disciplinatamente. Ma è il 2 di luglio, la Madonna delle Grazie, la festa per cui gli emigrati rientrano da ogni continente, qualcuno con la speranza di non ripartire. "Qui una casa di 100 metri quadri con garage si compra con trentamila euro", spiegano "Al Convento", l'unico ristorante che dà lavoro a quattro-cinque ragazzi.

Niente criminalità, auto e appartamenti si lasciano aperti, droga zero e trionfo della tolleranza: porte aperte ai forestieri. Il 7 agosto scorso in piazza si sono celebrate le nozze tra un giovane di religione musulmana, di madre originaria di Santomenna, e una ragazza ebrea. "Più ospitali e multirazziali di così...", commenta Venutolo.
Come in quasi tutti i Comuni del cratere il centro ha vicoli puliti dai portoni piccoli e a volta, con capitelli improbabili e pretenziosi, attorno a cui sono stati ricostruiti palazzotti dalle finestre e dai balconi vezzosi, minuscoli. Alla famiglia più aristocratica della comunità, i Figurelli, è legata la signora Caterina, consorte del costituzionalista Francesco Paolo Casavola. "Hanno fatto molto per il paese e ancora vengono di tanto in tanto a trovarci", precisa il sindaco Venutolo come a mostrare il vestito buono..